ROMA – Tra le 64.000 pagine di documenti desecretati questa settimana sull’assassinio di John F. Kennedy, a sorprendere non sono state nuove rivelazioni, ma l’assenza totale di censure. Nessuna sezione oscurata, nessun dato coperto per proteggere informazioni sensibili. Una trasparenza che ha scatenato un putiferio.I critici accusano l’FBI di aver gestito male la pubblicazione, rilasciando informazioni personali senza filtri. Il risultato? Dati riservati di centinaia di persone, tra cui numeri di previdenza sociale e dossier completi di ex agenti della CIA, sono finiti sotto gli occhi del mondo. Tra i coinvolti, membri dello staff del Congresso, ricercatori d’intelligence ed ex diplomatici, molti ancora in vita, che si sono ritrovati improvvisamente esposti.I sostenitori di Donald Trump, all’epoca presidente, hanno salutato la mossa come un trionfo della trasparenza. Ma non tutti la pensano così. “Lo considero quasi criminale”, ha dichiarato William A. Harnage, ex appaltatore governativo, dopo aver scoperto da un giornalista che il suo numero di previdenza sociale era stato diffuso in un documento del 1977.Secondo fonti interne, l’amministrazione era consapevole del rischio prima della pubblicazione, ma la Casa Bianca ha ignorato le richieste di commento da parte del New York Times. La decisione di Trump di rilasciare i documenti è arrivata in modo improvviso: annunciata durante una visita al Kennedy Center, ha colto di sorpresa anche il suo stesso team per la sicurezza nazionale. I funzionari, costretti a una corsa contro il tempo per esaminare i documenti, non sono riusciti a evitare la divulgazione di informazioni sensibili.
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